Blade, il duro della Criminalpol (Blade, Usa 1973)
Regia di Ernest Pintoff
Soggetto e sceneggiatura di Ernest Pintoff e Jeff Lieberman
Montaggio di David Ray
Fotografia di Dave Hoffman
Interpreti principali: John Marley (Jimmy Blade); Jon Cypher (Frederick Petersen); William Prince (senatore Powers); Kathryn Walker (Maggie); Keene Curtis (Steiner)
Genere: poliziesco
Melinda, 18enne figlia del senatore reazionario Jonathan Powers, viene uccisa mentre rientra a casa. Dell’omicidio viene incolpato il suo ragazzo, l’attivista di colore Harry Watson. Il caso viene affidato al tenente Blade, in odore di pensione e indigesto ai superiori, che non convinto della colpevolezza del giovane incomincia le indagini…
Gradevole e sorprendente ripescaggio degli Anni Settanta, “Blade” è un solido poliziesco anticonvenzionale girato in economia, volutamente grezzo ma lungi dall’essere greve, scritto con sagacia, ironia e guizzi sarcastici dal regista e da un esordiente di belle speranze, Jeff Lieberman (futuro artefice di “Blue Sunshine”; “I carnivori venuti dalla savana” e del recente “Halloween Killer”, premiato al Ravenna Nightmare Film Festival del 2005).
La carriera di Ernest Pintoff (1931-2002), autore (semi)sconosciuto in Italia, è contraddistinta da una poliedrica duttilità: dapprima trombettista jazz, poi docente di pittura e design all’Università del Michigan, Pintoff si è dedicato al cinema d’animazione alla UPA e quindi ai Terrytoons. Nel 1959 ha ottenuto una nomination all’Oscar per il corto “The Violinist”, commentato dal futuro regista Carl Reiner. A partire dal 1963 ha dedicato da indipendente le sue energie creative al teatro e alla pubblicità, vincendo nello stesso anno un Oscar per “The Critic” (“Il critico”), corto satirico d’animazione sull’arte moderna scritto e narrato da Mel Brooks. Le sue produzioni, dall’efficace costruzione dialogica, giocavano sull’intreccio tra suono e disegno, con un impianto visivo corroborato da una limpida corrente di ironia. Nel 1965 ha esordito nel lungometraggio con “Harvey Middleman, Fireman” (id.) e dal quel momento si è dedicato al cinema a basso costo e soprattutto alla televisione.
Questo originale poliziesco di ispirazione cronachistica, contraddistinto da un sapiente utilizzo della mdp a spalla che pedina i protagonisti alla stregua di un documentario-verità, prende subito le distanze dagli stereotipi del genere: Blade, sorta di dandy di mezza età con foulard al collo e sigaro incollato alle labbra, legato a una scrittrice di libri gialli molto più giovane di lui, non nasconde le sue simpatie per le minoranze nere, animato da un genuino anelito anti-razzista, e per questo motivo è osteggiato dai suoi superiori, che tollerano a stento i suoi slanci integrazionisti. Il protagonista si muove in un ambiente metropolitano stretto nella morsa reazionaria della borghesia più iprocrita e benpensante: gli episodi di violenza, descritti con crudo realismo, si consumano in ambienti chiusi, sovente privati, commessi da individui che nascondono dietro una maschera di apparente rispettabilità un’anima nera, misogina e feroce. Adagiata nel solco narrativo del cinema di genere, l’opera di Pintoff offre uno spaccato fedele ed inquietante della società americana contemporanea, sessuofoba e conservatrice, in cui la legge asseconda di buon grado un potere politico che predica onestà e produce omertà.
Ps: occhio a riconoscere Morgan Freeman, giovane e semiesordiente…
Regia di Ernest Pintoff
Soggetto e sceneggiatura di Ernest Pintoff e Jeff Lieberman
Montaggio di David Ray
Fotografia di Dave Hoffman
Interpreti principali: John Marley (Jimmy Blade); Jon Cypher (Frederick Petersen); William Prince (senatore Powers); Kathryn Walker (Maggie); Keene Curtis (Steiner)
Genere: poliziesco
Melinda, 18enne figlia del senatore reazionario Jonathan Powers, viene uccisa mentre rientra a casa. Dell’omicidio viene incolpato il suo ragazzo, l’attivista di colore Harry Watson. Il caso viene affidato al tenente Blade, in odore di pensione e indigesto ai superiori, che non convinto della colpevolezza del giovane incomincia le indagini…
Gradevole e sorprendente ripescaggio degli Anni Settanta, “Blade” è un solido poliziesco anticonvenzionale girato in economia, volutamente grezzo ma lungi dall’essere greve, scritto con sagacia, ironia e guizzi sarcastici dal regista e da un esordiente di belle speranze, Jeff Lieberman (futuro artefice di “Blue Sunshine”; “I carnivori venuti dalla savana” e del recente “Halloween Killer”, premiato al Ravenna Nightmare Film Festival del 2005).
La carriera di Ernest Pintoff (1931-2002), autore (semi)sconosciuto in Italia, è contraddistinta da una poliedrica duttilità: dapprima trombettista jazz, poi docente di pittura e design all’Università del Michigan, Pintoff si è dedicato al cinema d’animazione alla UPA e quindi ai Terrytoons. Nel 1959 ha ottenuto una nomination all’Oscar per il corto “The Violinist”, commentato dal futuro regista Carl Reiner. A partire dal 1963 ha dedicato da indipendente le sue energie creative al teatro e alla pubblicità, vincendo nello stesso anno un Oscar per “The Critic” (“Il critico”), corto satirico d’animazione sull’arte moderna scritto e narrato da Mel Brooks. Le sue produzioni, dall’efficace costruzione dialogica, giocavano sull’intreccio tra suono e disegno, con un impianto visivo corroborato da una limpida corrente di ironia. Nel 1965 ha esordito nel lungometraggio con “Harvey Middleman, Fireman” (id.) e dal quel momento si è dedicato al cinema a basso costo e soprattutto alla televisione.
Questo originale poliziesco di ispirazione cronachistica, contraddistinto da un sapiente utilizzo della mdp a spalla che pedina i protagonisti alla stregua di un documentario-verità, prende subito le distanze dagli stereotipi del genere: Blade, sorta di dandy di mezza età con foulard al collo e sigaro incollato alle labbra, legato a una scrittrice di libri gialli molto più giovane di lui, non nasconde le sue simpatie per le minoranze nere, animato da un genuino anelito anti-razzista, e per questo motivo è osteggiato dai suoi superiori, che tollerano a stento i suoi slanci integrazionisti. Il protagonista si muove in un ambiente metropolitano stretto nella morsa reazionaria della borghesia più iprocrita e benpensante: gli episodi di violenza, descritti con crudo realismo, si consumano in ambienti chiusi, sovente privati, commessi da individui che nascondono dietro una maschera di apparente rispettabilità un’anima nera, misogina e feroce. Adagiata nel solco narrativo del cinema di genere, l’opera di Pintoff offre uno spaccato fedele ed inquietante della società americana contemporanea, sessuofoba e conservatrice, in cui la legge asseconda di buon grado un potere politico che predica onestà e produce omertà.
Ps: occhio a riconoscere Morgan Freeman, giovane e semiesordiente…
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