Hurt Locker è la cassetta in cui vengono riposti gli effetti personali degli artificieri che muoiono nel compimento del proprio lavoro, lascito pietoso a un Paese che li ha sacrificati e a parenti e amici che li hanno invano aspettati. “The Hurt Locker”, però, è anche il titolo del nuovo lungometraggio della 56enne californiana Kathryn Bigelow (“Point Break”; “Strange Days”): al centro della vicenda ancora la guerra in Iraq, vera musa ispiratrice di molti cineasti. La Bigelow, sulla falsariga del plurilodato “Redacted”, documentario di Brian De Palma ancora (scandalosamente) inedito in Italia, opta per una messinscena depurata di qualsivoglia scoria spettacolare, scegliendo uno stile secco e scabro; con i suoi sussulti repentini la mdp sembra introiettare l’inquietudine dei soldati americani, spalmandosi letteralmente su volti che ostentano un autocontrollo sempre sul punto di capitolare. Come sottolineato da una citazione in apertura, la guerra è una droga, e come ogni droga che si r...