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FUORI DAL BULACCO: SOUTHLAND TALES

“Farla fuori dal bulacco” è tipica espressione genovese per sottolineare quando si ha “leggermente” esagerato…
Fuori dal bulacco l’ha fatta l’americano Richard Kelly, già artefice del fenomeno (sopravvalutato?) “Donnie Darko”, alle prese adesso con una sorta di rilettura moderna e a dir poco bizzarra dell’Apocalisse di Giovanni, ultimo libro del Nuovo Testamento, per la cronaca la sola apocalisse accettata dal Canone della Bibbia. Rilettura visionaria e temeraria, straripante allegorie, citazioni e omaggi cinefili e letterari, allusioni catastrofiche alla storia contemporanea, Southland Tales è un ambizioso zibaldone sulla fine del mondo e sull’avvento di un nuovo messia. Kelly stesso, nel corso di un’intervista, lo ha motivato anche come una risposta al Catastrofismo che attecchisce progressivamente negli States.
Accennare alla trama è missione praticamente impossibile; vi basti sapere che il film inizia con un famoso attore, Boxer Santaros (Dwayne “The Rock” Johnson), sposato con la figlia del governatore della California, Bobby Frost (il falso profeta?), privo di sensi su una spiaggia; che un industriale-scienziato dal nome di Baron Von Westphalen (l’Anticristo?) proclama di aver risolto il problema dell’approvvigionamento energetico con la scoperta di un composto organico, il Fluid Karma,, che è anche il nome dato dalla sua compagnia, la Treer, al campo di energia idroelettrica prodotto dai generatori a marea Utopia; che il Fluid Karma è anche una droga capace di sviluppare facoltà telepatiche nei soggetti che l’assumono e per questo testata su alcuni soldati americani in Iraq; che una pornostar dal nome di Krysta Now (la meretrice di Babilonia?) conduce un reality a dir poco pittoresco e ha una liaison con Boxer , il quale, in preda a una crisi amnesica, è convinto di mettere in scena un film tratto da un suo copione dal titolo profetico e premonitore, “Power”. Come non citare, infine, Justin Timberlake nei panni del reduce Pilot Abilene (il profeta di sventura?), ex attore dal volto in parte sfigurato (capirete poi come e perché…); Christopher Lambert in quelli di Martin Kefauver (l’angelo della morte?), trafficante d’armi che conserva la mercanzia in un pulmino dei gelati; uno Seann William Scott incredulo e spaesato in quelli dell’ufficiale di polizia Roland Taverner (il messia?), più una multicolore corte dei miracoli di personaggi improbabili (nella misura in cui vogliono a tutti costi assurgere a rango di simbolo), alcuni dei quali forse transfughi di un musical psichedelico…
Il plateale intento allegorico del regista sacrifica giocoforza ogni forma di razionalità narrativa, lasciando lo spettatore in balia di sequenze e di personaggi difficili da metabolizzare se sprovvisti del medesimo apparato digerente del signor Kelly. Il film si accende di sussulti surreali, rapsodici e improvvisi, che confermano a tratti l’innegabile talento visionario di un cineasta affetto da evidente egotismo. E i versi di T. S. Eliot - “La fine del mondo non arriverà con un'esplosione, ma con un gemito”-, pronunciati più volte da alcuni personaggi nel corso del film, anticipano, se opportunamente parafrasati, un epilogo quasi ineluttabile: “La fine del film non arriverà con un applauso, ma con un gemito”.
Presentato il 21 maggio 2006 al Festival di Cannes e ivi accolto con scarso entusiasmo (eufemismo) tanto da rimanere orfano di distributore, Southland Tales è stato in seguito rimontato dal regista, snellito di 27 minuti (ne sono rimasti comunque quasi 140…), quindi distribuito negli States il 14 novembre dell’anno seguente in forma limitata. In Italia è arrivato direttamente in formato homevideo alla fine di luglio di quest’anno…

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