
Tratto dal racconto di Stephen King intitolato La Nebbia, The Mist è un horror claustrofobico e soprannaturale fedele allo spirito dell’autore che lo ha ispirato: un gruppo eterogeneo di persone è costretto a confrontarsi con un nemico sconosciuto e invisibile, tanto invisibile da generare in molti scetticismo e addirittura sarcasmo: quando David, stravolto, racconta di aver visto strani tentacoli uscire dalla nebbia e ghermire un giovane magazziniere, Brent Norton, suo vicino di casa, non pensa ad altro che accusarlo di volersi vendicare di torti passati prendendosi gioco di lui; la sparizione tragica del giovane, testimoniata da pochi altri, è invece sfruttata da una donna, la signora Carmody, per alimentare bibliche farneticazioni sull’avvento imminente dell’Apocalisse. Ben presto tra i presenti comincia a scavarsi un solco invisibile sempre più profondo: chi rigetta la possibilità dell’irrazionale cerca disperato rifugio nel fideismo. David e compagni, prima di confrontarsi con le mostruose creature, dovranno affrontare un’altra battaglia, ancora più tragica perché condotta, a malincuore, contro i propri simili. La nebbia diviene così palese metafora dell’inconcepibile e dell’incomprensibile intorno (e dentro) ognuno di noi, di ciò che si sottrae alla legge di gravità dell’umana conoscenza, scavalcando lo steccato della razionalità per sfidarci in campo aperto: chi sarà in grado di raccogliere la sfida?
Frank Darabont, regista e sceneggiatore, rispetta le regole e i ritmi del genere senza cadere in tentazione autoriale e sottraendosi quasi sempre agli ineluttabili stereotipi che tali pellicole portano in dote. La scelta di girare alla stregua di un B-movie – gli efficaci effetti speciali sono di qualità artigianale - è suggerita dall’esigenza di non diluire la violenza, psicologica e fisica, dell’assunto con una messa in scena invadente e ridondante che distolga l’attenzione dello spettatore dagli avvenimenti intrinseci.

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