La stagione cinematografica italiana volge rapidamente al termine e diversi film sono tuttora desaparecidos: uno di questi è “This is England” (2006), del britannico 35enne Shane Meadows - “24/7” (1997) e “C’era una volta in Inghilterra” (2002), poi buio pesto da noi -. Presentato il 18 ottobre 2006 al Roma Film Fest, il film non ha ancora trovato un distributore. Un vero peccato, dal momento che “Shady” Meadows si può considerare il Ken Loach del terzo millennio, debite eccezioni contemplate. Anche la sua opera precedente, il crudo, essenziale “Dead Man’s Shoes” (2004), è tuttora inedita sui nostri schermi, persino sugli scaffali (ma esistono ancora, nell’era dei distributori automatici?) delle videoteche, in genere più prodighe di visibilità. Dal registro drammatico e sociale a quello comico-demenziale: “Beerfest” (2006), dell’americano di origine indiana Jay Chandrasekhar (“Hazzard”, ma soprattutto “Super Troopers” e “Vacanze di sangue”), è tuttora, come dire?, missing dalle nostre parti. Un vero peccato, ancor più se pensiamo che nell’ultima estate qualche testa d’uovo sbattuto ha pensato bene di ripescare (il film è infatti del 2004) e distribuire nelle sale (sic!) il deprimente, teutonico “Maial Zombie – Anche i morti lo fanno”, sorta di acne-comedy con morti viventi in salsa Sauerkraut ontologicamente brutta…
Restiamo in atmosfera da commedia, seppure virata in action: “Taxi 4”, di Gérard Krawczyk, è uscito nelle sale francesi a metà febbraio 2007. Da noi ancora no: magari, prima o poi, arriverà direttamente sul mercato homevideo, sorte già toccata al suo predecessore.
Migliore destino è stato riservato invece a “Protector – La legge del Muay Thai” (quando finiranno di appiccicare questi sottotitoli idioti sarà sempre troppo tardi), secondo veicolo cinematografico per le incredibili evoluzioni ginniche del thailandese Tony Jaa, uscito nell’estate 2007 con “solo” due anni di ritardo.
Tralasciamo i missing in action della scorsa stagione e apprestiamoci a toccare un problema così vecchio da meritare la pensione: l’eterno squilibrio distributivo italiano. Per qualche arcano motivo, in quasi tutto il mondo, tranne che da noi, l’estate è sinonimo di alta stagione, e molti titoli di richiamo escono spalmati su due mesi di programmazione. Nel nostro amato Paesello tutto ciò non accade: l’italiano medio in estate non vuole saperne di cinema, se non è all’aperto. La conseguenza è che ogni anno, con inesorabile puntualità, a partire dagli ultimi giorni di agosto, dopo una carestia che durava da fine maggio, le sale sono travolte da una fiumana di pellicole, che finiscono per intralciarsi l’un l’altra sottraendosi reciprocamente una buona fetta di pubblico potenziale, e commettendo così l’ennesimo, assurdo suicidio commerciale.
Inoltre, l’aumento esponenziale di cineplex e multisale continua a non coincidere con l’agognato aumento di pellicole distribuite: è inutile disporre di trenta-quaranta sale in più se poi una dozzina di queste proietta lo stesso film.
Per finire, un accenno al cinema italiano, in difesa del quale molti invocano tuttora un assurdo protezionismo: Quentin Tarantino non sarà certo il depositario della verità in Terra, ma quando nel maggio dell’anno scorso, intervistato da Tv Sorrisi & Canzoni, ha affermato che “i nuovi film italiani sono deprimenti” avrebbe meritato più di una risposta piccata da parte di qualche addetto ai lavori. Magari una riflessione, anche una sana autocritica: non è vero che i film italiani non escono nelle sale; in realtà escono tutti, anche quelli che farebbero meglio a restare inediti. Vengono distribuiti ma, in molti casi, non vengono visti. Vogliamo forse costringere il pubblico a vederli? Se il suddetto preferisce le proposte made in Hollywood e qualche prodotto di nicchia, una ragione ci sarà. In Italia il cinema popolare non è moribondo. E’ già cadavere. Tarantino, che del Genere si è cibato fino alla bulimia, lo sa e per questo ha lanciato un accorato grido d’allarme. Che l’abbia fatto lui e non “uno dei nostri” è ulteriore motivo di amarezza.
Restiamo in atmosfera da commedia, seppure virata in action: “Taxi 4”, di Gérard Krawczyk, è uscito nelle sale francesi a metà febbraio 2007. Da noi ancora no: magari, prima o poi, arriverà direttamente sul mercato homevideo, sorte già toccata al suo predecessore.
Migliore destino è stato riservato invece a “Protector – La legge del Muay Thai” (quando finiranno di appiccicare questi sottotitoli idioti sarà sempre troppo tardi), secondo veicolo cinematografico per le incredibili evoluzioni ginniche del thailandese Tony Jaa, uscito nell’estate 2007 con “solo” due anni di ritardo.
Tralasciamo i missing in action della scorsa stagione e apprestiamoci a toccare un problema così vecchio da meritare la pensione: l’eterno squilibrio distributivo italiano. Per qualche arcano motivo, in quasi tutto il mondo, tranne che da noi, l’estate è sinonimo di alta stagione, e molti titoli di richiamo escono spalmati su due mesi di programmazione. Nel nostro amato Paesello tutto ciò non accade: l’italiano medio in estate non vuole saperne di cinema, se non è all’aperto. La conseguenza è che ogni anno, con inesorabile puntualità, a partire dagli ultimi giorni di agosto, dopo una carestia che durava da fine maggio, le sale sono travolte da una fiumana di pellicole, che finiscono per intralciarsi l’un l’altra sottraendosi reciprocamente una buona fetta di pubblico potenziale, e commettendo così l’ennesimo, assurdo suicidio commerciale.
Inoltre, l’aumento esponenziale di cineplex e multisale continua a non coincidere con l’agognato aumento di pellicole distribuite: è inutile disporre di trenta-quaranta sale in più se poi una dozzina di queste proietta lo stesso film.
Per finire, un accenno al cinema italiano, in difesa del quale molti invocano tuttora un assurdo protezionismo: Quentin Tarantino non sarà certo il depositario della verità in Terra, ma quando nel maggio dell’anno scorso, intervistato da Tv Sorrisi & Canzoni, ha affermato che “i nuovi film italiani sono deprimenti” avrebbe meritato più di una risposta piccata da parte di qualche addetto ai lavori. Magari una riflessione, anche una sana autocritica: non è vero che i film italiani non escono nelle sale; in realtà escono tutti, anche quelli che farebbero meglio a restare inediti. Vengono distribuiti ma, in molti casi, non vengono visti. Vogliamo forse costringere il pubblico a vederli? Se il suddetto preferisce le proposte made in Hollywood e qualche prodotto di nicchia, una ragione ci sarà. In Italia il cinema popolare non è moribondo. E’ già cadavere. Tarantino, che del Genere si è cibato fino alla bulimia, lo sa e per questo ha lanciato un accorato grido d’allarme. Che l’abbia fatto lui e non “uno dei nostri” è ulteriore motivo di amarezza.
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