
AMORE A PRIMA SVISTA (Shallow Hal, Usa 2001)
regia di Bobby e Peter Farrelly
sceneggiatura di Bobby, Peter Farrelly e Sean Moynihan
fotografia di Russell Carpenter
montaggio di Christopher Greenbury
interpreti principali: Jack Black (Hal Larson); Gwyneth Paltrow (Rosemary Shanahan); Jason Alexander (Mauricio Wilson); Joe Viterelli (Steve Shanahan); Rene Kirby (Walt)
Siano benedetti i fratelli Farrelly. Il loro corroborante tocco scorretto e scurrile è un toccasana per sguardi, cuori e cervelli affatturati dal metanolo dell’ipocrisia americana, spasmodicamente tesa verso il corretto e il cordiale. In Amore a prima svista, film che soffre di un incipit sonnolento ma che sa ridestare e ridestarsi una volta enunciato il testo del teorema che si appresta a dimostrare, l’impertinente duo (artefice tra gli altri di Scemo & più scemo, Tutti pazzi per Mary e Io, me & Irene) punta il dito (rigorosamente medio...) contro il concetto comune di bellezza e i suoi opinabili parametri universalmente accettati. Hal, giovane e rampante impiegato, in virtù di una promessa fatta al padre sul letto di morte è uno stolido quanto strenue seguace dei comandamenti più canonicamente maschili della venustà femminile. Questa sua vacuità (“shallow” significa “superficiale”) ha finito per alienargli, con il tempo, il più sensibile universo femminile. Un giorno, però, dopo essere rimasto bloccato in ascensore con un guru del “self-help” (il nostrano “aiutati che dio ti aiuta”), la sua esistenza prende una piega inedita e inaspettata...
I Farrelly Bros. giocano con i luoghi comuni come un gatto con un gomitolo, sfilacciandoli in un incessante gioco di rimandi che finisce per destabilizzare e ridicolizzare l’universalmente bello. Il tarchiato, sgraziato ma sfrontato Hal, ignaro della propria inadeguatezza fisica, per effetto di un sortilegio finisce per ignorare quella, ben più iperbolica, di Rosemary: l’effetto comico che ne scaturisce è tanto più irresistibile quanto più coinvolge, in un malizioso effetto domino, quasi tutti i gradi della scala estetica tradizionale. Impavidi e impertinenti, i due cineasti non lesinano massicce dosi di humour, attenti che la sua filigrana rimanga, il più delle volte, rigorosamente grezza.
regia di Bobby e Peter Farrelly
sceneggiatura di Bobby, Peter Farrelly e Sean Moynihan
fotografia di Russell Carpenter
montaggio di Christopher Greenbury
interpreti principali: Jack Black (Hal Larson); Gwyneth Paltrow (Rosemary Shanahan); Jason Alexander (Mauricio Wilson); Joe Viterelli (Steve Shanahan); Rene Kirby (Walt)
Siano benedetti i fratelli Farrelly. Il loro corroborante tocco scorretto e scurrile è un toccasana per sguardi, cuori e cervelli affatturati dal metanolo dell’ipocrisia americana, spasmodicamente tesa verso il corretto e il cordiale. In Amore a prima svista, film che soffre di un incipit sonnolento ma che sa ridestare e ridestarsi una volta enunciato il testo del teorema che si appresta a dimostrare, l’impertinente duo (artefice tra gli altri di Scemo & più scemo, Tutti pazzi per Mary e Io, me & Irene) punta il dito (rigorosamente medio...) contro il concetto comune di bellezza e i suoi opinabili parametri universalmente accettati. Hal, giovane e rampante impiegato, in virtù di una promessa fatta al padre sul letto di morte è uno stolido quanto strenue seguace dei comandamenti più canonicamente maschili della venustà femminile. Questa sua vacuità (“shallow” significa “superficiale”) ha finito per alienargli, con il tempo, il più sensibile universo femminile. Un giorno, però, dopo essere rimasto bloccato in ascensore con un guru del “self-help” (il nostrano “aiutati che dio ti aiuta”), la sua esistenza prende una piega inedita e inaspettata...
I Farrelly Bros. giocano con i luoghi comuni come un gatto con un gomitolo, sfilacciandoli in un incessante gioco di rimandi che finisce per destabilizzare e ridicolizzare l’universalmente bello. Il tarchiato, sgraziato ma sfrontato Hal, ignaro della propria inadeguatezza fisica, per effetto di un sortilegio finisce per ignorare quella, ben più iperbolica, di Rosemary: l’effetto comico che ne scaturisce è tanto più irresistibile quanto più coinvolge, in un malizioso effetto domino, quasi tutti i gradi della scala estetica tradizionale. Impavidi e impertinenti, i due cineasti non lesinano massicce dosi di humour, attenti che la sua filigrana rimanga, il più delle volte, rigorosamente grezza.
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